Premesso che:
il Consiglio di Stato, con sentenza della Sezione IV n. 2357 del 2004, nel confermare la decisione del TAR Lazio Sez. I-bis (sentenza n. 640/94), ha ritenuto illegittimo l'articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 1990;
con tale decisione si è preso atto che i medici ex condotti sono divenuti a tutti gli effetti dipendenti delle USL, in possesso di uno status non diverso da quello di tutti gli altri dipendenti sanitari, fatta eccezione per le peculiarità previste per le loro prestazioni di lavoro, e pertanto non risulta giustificata la previsione di trattamenti economici differenziati rispetto a quello previsto per il restante personale medico dal decreto n. 384 medesimo;
in ottemperanza a tali decisioni, il Ministero della salute, con nota del 16 giugno 2017, ha chiesto alle Regioni di voler adottare ogni provvedimento utile al fine di rimuovere le residue situazioni di disparità di trattamento economico tuttora in essere in materia di riconoscimento a tali sanitari di determinate voci retributive (retribuzione individuale di anzianità, indennità integrativa speciale, indennità di specificità medica, retribuzione di posizione minima unificata poi conglobata nei tabellari di tutto il personale medico). Disparità queste, dovute alle oscillazioni della giurisprudenza dei giudici di merito;
premesso, altresì, che:
la maggior parte delle Regioni interessate (Sardegna, Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Molise) in cui sono presenti circa quattro quinti degli aventi diritto sul totale nazionale, ha dato esecuzione a quanto richiesto dal Ministero della salute, adottando conformi direttive e linee guida già eseguite o in corso di attuazione da parte delle aziende sanitarie e altre (Toscana, Marche, Emilia-Romagna) hanno già preannunciato di voler provvedere al momento dell'emanazione della norma che ha finanziato tale direttiva ministeriale;
l'art. 1, comma 456, della legge n. 205 del 2017 ha previsto, al fine della copertura della maggior spesa derivante da tali interventi economici per il triennio 2018/2020, lo stanziamento di un fondo triennale dell'importo di euro 500.000 per l'anno 2018, 1.000.000 ciascuno per gli anni 2019 e 2020, prevedendo altresì l'adozione di un decreto ministeriale per la individuazione dei criteri di ripartizione delle somme stanziate per il triennio preso in considerazione tra gli interessati;
lo schema di decreto ministeriale, predisposto dal Ministero della salute, veniva presentato in sede di Conferenza Stato-Regioni, ma non emanato, in ragione di riserve emerse da parte delle Regioni per taluni contrasti giurisprudenziali sulla questione e la pretesa insufficienza delle risorse messe a disposizione per il triennio;
la Conferenza delle Regioni suggeriva un emendamento al disegno di legge di bilancio dello Stato per il 2019, finalizzato all'abrogazione della norma; tale proposta emendativa veniva respinta;
considerato che:
nonostante la piena conferma della vigenza della norma, che prevedeva un preciso obbligo a carico del Ministero della salute, a tutt'oggi il decreto non è ancora stato emanato e i fondi non sono stati ripartiti, in violazione del menzionato obbligo di legge;
tutte le Regioni maggiormente e realmente interessate hanno ritenuto in seguito non condivisibili le ragioni espresse dalla Regione capofila, in sede di Conferenza Stato-Regioni, in quanto, sotto il profilo giuridico, talune oscillazioni, già valutate in precedenza in sede ministeriale e dagli opportuni tavoli tecnici di confronto, della giurisprudenza, emerse di fronte al Consiglio di Stato ed alla Corte di cassazione non sono munite di efficacia erga omnes ed hanno natura meramente interpretativa del caso di specie, derivando inoltre dal permanere di inadempimenti delle parti contraenti;
altresì, alla luce dei pagamenti già effettuati ed in corso e dei prevedibili ulteriori afferenti al triennio preso in considerazione dalla norma, è emerso che le risorse stanziate, a differenza di quanto affermato apoditticamente da taluna regione che non aveva posto in essere conteggio alcuno, ma solo mutuato numeri da talune proposte emendative mai approvate, sono addirittura notevolmente in eccesso rispetto all'effettivo fabbisogno per il triennio, oggi ormai a consuntivo stimabile in meno di 2.000.000 di euro;
rilevato che:
il maggiore argomento ostativo all'applicazione della norma, quello della eccessiva onerosità, si è rivelato del tutto infondato e meramente strumentale ad una posizione priva pertanto di ogni ragione, come già rilevato in sede parlamentare in occasione delle reiezioni della proposta emendativa;
nulla può ostare all'esecuzione dell'obbligo sussistente in carico al Ministero della salute nel mettere a disposizione le risorse stanziate, a favore delle regioni che già hanno effettuato gli interventi perequativi richiesti dal Ministero stesso e delle altre regioni che stanno procedendo in tal senso, senza la necessità di dover individuare particolari criteri di ripartizione, in presenza di una spesa da sostenersi per il triennio, che sta risultando in realtà inferiore alla somma stanziata;
stante la prossimità del termine triennale previsto per l'esecuzione della norma,
si chiede di sapere quali urgenti provvedimenti il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine della dovuta liquidazione delle somme di cui trattasi, sin qui trattenute con modalità sulle quali, da taluna parte, sono già stati evidenziati dubbi di illegittimità, anche allo scopo di evitare i ben maggiori costi che deriverebbero per l'erario in caso di contenzioso.
presso il Ministero della salute è stato istituito un gruppo di lavoro intersettoriale con l'obiettivo di fornire un piano nazionale per la vaccinazione anti SARS-CoV-2, che ha definito le strategie vaccinali, i modelli organizzativi, la logistica, le caratteristiche del sistema informativo di supporto a tutte le attività connesse con la vaccinazione, gli aspetti relativi alla comunicazione, alla vaccinovigilanza e sorveglianza, e ai modelli di impatto e di analisi economica;
l'attuazione di tale piano strategico è affidata al commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica;
la Costituzione italiana riconosce la salute come un diritto fondamentale dell'individuo e delle comunità, e conseguentemente, lo sviluppo di raccomandazioni su gruppi target a cui offrire la vaccinazione dovrebbe essere ispirato dai valori e principi di equità, reciprocità, legittimità, protezione, promozione della salute e del benessere, su cui basare la strategia di vaccinazione;
al fine di sfruttare l'effetto protettivo diretto dei vaccini, sono state identificate le seguenti categorie da vaccinare in via prioritaria nelle fasi iniziali: 1.404.037 operatori sanitari e sociosanitari, 570.287 residenti e personale dei presidi residenziali per anziani, 4.442.048 persone di età avanzata e superiore agli 80 anni, per un totale di 6.416.372 persone;
risulta inoltre che il numero di persone dai 60 ai 79 anni sia pari 13.432.005, mentre quello della popolazione con almeno una comorbidità cronica è pari a 7.403.578;
la governance del piano di vaccinazione è svolta mediante il coordinamento tra il Ministro della salute, la struttura del commissario straordinario e le Regioni e Province autonome;
risulterebbe da organi di stampa che nel comune di Scicli (Ragusa) e nelle province di Modena e Bologna siano stati somministrati vaccini a persone che non erano in lista, mediante un sistema fondato su legami di parentela, amicizia o conoscenza, e che alcune dosi sarebbero tra l'altro state somministrate anche a minori;
vi sono poi stati i casi eclatanti, complici i social network, del centro unico vaccinale di Baggiovara nel modenese e della ASL di Latina ove alcuni dirigenti con mansioni di ufficio avrebbero avuto dosi anti SARS-CoV-2 pur non rientrando tra le categorie da vaccinare, ossia passando avanti al personale medico e infermieristico esposto ad un elevato rischio di contagio trovandosi a fronteggiare l'epidemia in prima linea;
a parere dell'interrogante è opportuno che le autorità preposte dispongano accertamenti e diano informazioni in merito alla prassi emersa sulla stampa;
è infatti di tutta evidenza che la somministrazione a soggetti diversi da quelli di cui alle categorie prioritarie disattenderebbe i principi di priorità enunciati nel piano,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto esposto e se corrisponda al vero che siano state somministrate dosi di vaccino anti SARS-CoV-2/COVID-19 a personale dirigente con mansioni da ufficio e ad altri soggetti diversi da quelli individuati quali categorie prioritarie;
quali azioni intendano intraprendere, qualora tali fatti dovessero essere accertati, nei confronti dei responsabili che avrebbero disatteso i principi di priorità stabiliti nel piano strategico nazionale per la vaccinazione.
TRENTACOSTE , NATURALE , ANGRISANI , CROATTI , GAUDIANO , MAUTONE , PAVANELLI , PESCO , PRESUTTO , ROMANO , VANIN - Ai Ministri della salute e delle politiche agricole alimentari e forestali
Premesso che l'Italia rappresenta il secondo produttore di arance nell'Unione europea dopo la Spagna e che delle circa 7 milioni di tonnellate di arance prodotte all'interno della UE, su 274.000 ettari di terreno, il 56 per cento della produzione è di marca spagnola, con ben 3,6 milioni di tonnellate, mentre il 24 per cento della quota è italiana, con 1,6 milioni di tonnellate;
come appreso attraverso il sistema di allarme rapido per alimenti e mangimi (RASFF) della Commissione europea, pubblicato il 5 febbraio 2021, le autorità doganali tedesche hanno proceduto al ritiro dal mercato delle arance dalla Spagna, poiché contenevano un'eccessiva presenza di residui di pesticidi;
secondo la notifica RASFF, le analisi effettuate l'11 dicembre 2020 dalle autorità tedesche hanno rilevato un'elevata presenza di residui dell'insetticida chlorpyrifos-methyl nelle arance spagnole;
il chlorpyrifos-methyl, insetticida organofosfato con ampio grado di controllo e alto potere di penetrazione, che agisce sugli insetti per contatto, ingestione e inalazione, dal 6 dicembre 2019 è stato vietato dall'Unione europea, a causa della sua alta pericolosità per la salute;
le analisi effettuate dalle autorità tedesche hanno individuato nelle arance spagnole una concentrazione di chlorpyrifos-methyl di 0,35 milligrammi per chilo;
nel 2015, un gruppo di ricercatori delle facoltà di farmacia e biochimica e medicina dell'università di Buenos Aires, insieme agli scienziati dell'università nazionale di Comahue (Argentina) aveva già suggerito la necessità di rivederne il suo utilizzo, verificando che l'esposizione a basse dosi di chlorpyrifos-methyl fosse un fattore che incrementava il rischio di cancro al seno;
considerato inoltre che:
il mercato ortofrutticolo italiano è sempre più dominato dalla presenza di prodotti provenienti dall'estero, che vengono venduti ad un minor prezzo;
molti di questi prodotti vengono irrorati all'origine con prodotti vietati nel nostro Paese;
il 5 febbraio 2020, la Direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e della nutrizione del Ministero della salute aveva emesso un comunicato di revoca delle autorizzazioni dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva chlorpyrifos-methyl, a seguito del mancato rinnovo dell'approvazione ai sensi del regolamento (UE) 2020/17,
se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza di quanto riportato e se la partita di arance in questione risulti presente sui mercati italiani;
quali misure siano state adottate o si intenda adottare affinché gli alimenti contaminati dalla sostanza vengano bloccati dalle autorità doganali, scongiurando il pericolo che essi arrivino in Italia.